Climate Risk – Rischio Climatico
Il Rischio Climatico rappresenta i potenziali impatti economici e ambientali associati ai cambiamenti climatici. Le aziende si concentrano sul Climate Risk per mitigare gli effetti negativi e adattarsi alle nuove condizioni climatiche, un aspetto fondamentale nelle strategie ESG.
Contenuti della pagina
Il concetto di Rischio Climatico: definizione e implicazioni
Il Rischio Climatico rappresenta una delle minacce più rilevanti e trasversali del nostro tempo. Esso descrive i potenziali effetti avversi, economici, ambientali e sociali, causati direttamente o indirettamente dai cambiamenti climatici. È un concetto centrale nell’ambito della sostenibilità aziendale e della finanza responsabile, tanto da essere incluso stabilmente nei framework di rendicontazione ESG, nei requisiti normativi europei (come la CSRD e gli ESRS) e nei criteri di valutazione del rischio finanziario da parte delle banche centrali e degli investitori istituzionali.Il rischio climatico non è più una questione teorica o lontana. Le sue manifestazioni sono già tangibili: eventi meteorologici estremi, siccità prolungate, innalzamento del livello dei mari, impatti sulla salute pubblica, migrazioni forzate e interruzioni delle catene del valore. Tutti questi fenomeni mettono a rischio la stabilità dei modelli di business, la sicurezza delle infrastrutture e la resilienza dei territori.
Le due categorie principali: rischio fisico e rischio di transizione
Nella letteratura scientifica ed economica, il Climate Risk è suddiviso in due principali categorie: rischio fisico e rischio di transizione.Il rischio fisico riguarda gli impatti diretti e tangibili derivanti da eventi climatici estremi o da cambiamenti climatici a lungo termine. Questi includono, ad esempio, danni a impianti produttivi, alluvioni che compromettono le infrastrutture logistiche, ondate di calore che riducono la produttività dei lavoratori o perdite agricole causate da fenomeni climatici anomali. Il rischio fisico può essere a sua volta classificato come acuto (legato a eventi estremi e improvvisi) o cronico (legato a mutamenti graduali e sistemici).Il rischio di transizione, invece, si riferisce agli impatti economici, normativi e reputazionali associati al passaggio verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Questo tipo di rischio emerge quando cambiano le normative ambientali, si introducono tasse sul carbonio, si evolvono le preferenze dei consumatori o si modificano le tecnologie disponibili. Un’impresa che non si adatta tempestivamente può perdere competitività, subire svalutazioni degli asset o trovarsi esposta a pressioni da parte degli investitori.
La misurazione del rischio climatico: strumenti e modelli
Valutare il rischio climatico in azienda richiede un approccio multidisciplinare. Non si tratta di una semplice previsione meteorologica, ma di un’analisi integrata che incrocia scenari climatici, esposizione geografica, dati operativi e strategie di mitigazione. Diverse organizzazioni internazionali – tra cui TCFD (Task Force on Climate-related Financial Disclosures), IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), EFRAG e ISSB – hanno sviluppato modelli e linee guida per aiutare le aziende a mappare, valutare e gestire i rischi climatici in modo sistematico. I principali strumenti adottati includono:modelli predittivi basati su scenari IPCC (RCP e SSP)analisi geospaziali per mappare le vulnerabilità fisichevalutazioni di stress test climatici per simulare impatti futuriintegrazione del rischio climatico nel sistema di Enterprise Risk Management (ERM)valutazioni finanziarie di tipo scenario-based, in particolare per le banche e gli investitori istituzionaliLa trasparenza e la qualità della misurazione del rischio climatico sono oggi considerate non solo un elemento di compliance, ma anche un vantaggio competitivo nella gestione dell’incertezza e nella comunicazione verso stakeholder sempre più attenti.
Climate Risk e strategie ESG: un nodo centrale nella governance aziendale
In un contesto economico sempre più guidato dai criteri ESG (Environmental, Social, Governance), il rischio climatico non è più solo un fattore esterno, ma entra nel cuore della strategia aziendale. Le imprese sono chiamate a integrare le valutazioni del rischio climatico nelle decisioni finanziarie, nei piani industriali e nei report di sostenibilità. Questo processo di integrazione avviene secondo quattro direttrici principali:l’analisi di doppia materialità, in cui il rischio climatico viene valutato sia per il suo impatto sull’azienda (materialità finanziaria), sia per l’impatto dell’azienda sul clima (materialità di impatto)l’integrazione nei bilanci ESG e nei report CSRD, dove le imprese devono descrivere in modo chiaro i rischi climatici rilevati, le misure adottate, gli obiettivi climatici e le performance monitoratel’adozione di strategie di mitigazione (riduzione delle emissioni) e adattamento (resilienza infrastrutturale e organizzativa)il coinvolgimento degli stakeholder (clienti, fornitori, dipendenti, investitori) nella costruzione di una governance climatica partecipata e responsabileIn questo quadro, le aziende che affrontano il Climate Risk in modo proattivo migliorano la propria capacità di accesso al capitale, la reputazione sul mercato e la resilienza a lungo termine.
Il ruolo delle istituzioni finanziarie e delle autorità di vigilanza
Il rischio climatico è ormai riconosciuto anche come rischio sistemico a livello macroeconomico. Le banche centrali, le autorità di vigilanza e le agenzie di rating stanno includendo il Climate Risk nelle loro valutazioni. La Banca Centrale Europea (BCE), ad esempio, ha avviato stress test climatici per le banche dell’Eurozona, mentre l’Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati (ESMA) richiede disclosure ESG sempre più rigorose.Gli investitori istituzionali, dal canto loro, considerano l’esposizione al rischio climatico come una variabile determinante nella selezione dei portafogli. Fondi come quelli guidati dai principi UN PRI (Principles for Responsible Investment) chiedono alle imprese di dimostrare con dati concreti come intendano affrontare le sfide legate al clima, integrando questo tipo di rischio nei modelli di valutazione finanziaria.È in atto una trasformazione profonda nel modo in cui il rischio viene interpretato: non più un evento aleatorio da assicurare, ma una dinamica sistemica da gestire in anticipo.
Il caso italiano: consapevolezza crescente, ma ancora frammentata
Anche in Italia cresce l’attenzione verso il rischio climatico, ma in modo disomogeneo. Alcuni grandi gruppi industriali e finanziari hanno iniziato a integrare questi rischi nei propri report e nelle strategie aziendali, soprattutto per rispondere alle richieste di trasparenza del mercato europeo. Tuttavia, gran parte del tessuto produttivo – costituito da PMI – risulta ancora poco preparato a mappare il rischio climatico in modo strutturato.Le barriere principali sono legate alla scarsa disponibilità di dati, alla complessità metodologica, e all’assenza di competenze interne dedicate alla gestione del rischio climatico. Inoltre, manca ancora un’infrastruttura nazionale in grado di supportare il sistema imprenditoriale nella raccolta, analisi e interpretazione dei dati climatici a scala locale.Un altro limite è l’assenza di incentivi concreti e continuativi: molti fondi pubblici legati alla resilienza climatica restano sottoutilizzati per burocrazia o mancanza di regia. Le promesse del PNRR e le strategie nazionali di adattamento ai cambiamenti climatici rischiano di rimanere sulla carta se non si costruisce una vera filiera della prevenzione in cui pubblico e privato collaborano attivamente.
Verso un approccio integrato e anticipatorio
Gestire il rischio climatico significa passare da una logica reattiva a una logica anticipatoria. Le imprese più evolute stanno adottando approcci di tipo “climate resilience by design”, in cui i fattori climatici vengono considerati fin dalla fase di progettazione di un prodotto, di un’infrastruttura o di una filiera.A livello urbano e territoriale, cresce la necessità di integrare i dati climatici nei piani regolatori, nelle infrastrutture critiche e nelle strategie di adattamento. La protezione del suolo, la forestazione urbana, la gestione delle risorse idriche e l’efficientamento energetico sono oggi strumenti essenziali per ridurre l’esposizione ai rischi fisici.In ultima analisi, il Climate Risk non riguarda solo l’ambiente ma anche l’economia, la finanza, la salute e l’equità sociale. Riconoscerlo, misurarlo e integrarlo nei processi decisionali è la base per costruire imprese e comunità resilienti, competitive e giuste in un mondo che cambia.
« Torna al Glossario