NDC – Nationally Determined Contributions

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Le Nationally Determined Contributions (NDC) sono gli impegni presi dai paesi nell’ambito dell’Accordo di Parigi per ridurre le emissioni di gas serra e adattarsi ai cambiamenti climatici. Le NDC rappresentano il contributo di ciascun paese alla lotta globale contro il cambiamento climatico.

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Nationally Determined Contributions (NDC)

Le Nationally Determined Contributions, conosciute con l’acronimo NDC, sono al centro dell’architettura dell’Accordo di Parigi, firmato nel 2015 da quasi 200 paesi nel contesto della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). Le NDC rappresentano gli impegni volontari e specifici di ciascun Paese per ridurre le proprie emissioni di gas serra e per adattarsi agli impatti già in atto del cambiamento climatico. Sono, in altre parole, la traduzione nazionale della sfida globale alla crisi climatica.

Contesto: dall’uniformità di Kyoto alla flessibilità di Parigi

Il concetto di NDC nasce come risposta a un cambiamento di paradigma. Il Protocollo di Kyoto (1997) imponeva obblighi vincolanti solo ai paesi industrializzati, escludendo le economie emergenti. Questa asimmetria ha creato tensioni geopolitiche e ha limitato l’efficacia del trattato. L’Accordo di Parigi, invece, abbandona l’approccio “top-down” e adotta un modello partecipativo e flessibile, basato sull’autodefinizione degli obiettivi da parte di ogni Stato Parte. Ogni paese, sviluppato o in via di sviluppo, è così chiamato a presentare, attuare e aggiornare periodicamente le proprie NDC, con l’impegno di renderle sempre più ambiziose.

Cosa contengono le NDC?

Una NDC non è un semplice obiettivo numerico. È un documento complesso, che deve includere:

  • un piano per la riduzione delle emissioni (mitigazione), con orizzonte temporale definito (di solito 2030)
  • misure di adattamento ai cambiamenti climatici (resilienza, protezione dei territori vulnerabili)
  • un quadro di riferimento per il monitoraggio e la rendicontazione
  • indicazioni su bisogni finanziari, tecnologici e di capacity building, specialmente per i paesi in via di sviluppo

Alcune NDC distinguono tra obiettivi condizionati (che dipendono dal sostegno finanziario internazionale) e obiettivi incondizionati (che verranno raggiunti con risorse nazionali). Questa distinzione consente una maggiore equità e riconosce le diverse capacità economiche dei Paesi.

Il meccanismo del “ratchet”: aumentare l’ambizione

Uno dei pilastri dell’Accordo di Parigi è il cosiddetto “meccanismo a cricchetto” (ratchet mechanism): ogni cinque anni, i paesi devono aggiornare le proprie NDC con obiettivi più ambiziosi, seguendo il principio del “progression over time”. Questo processo è supportato da bilanci globali (Global Stocktake) che valutano i progressi collettivi verso gli obiettivi dell’Accordo, in particolare il contenimento del riscaldamento globale entro 1,5°C o al massimo 2°C.

Il primo Global Stocktake si è svolto nel 2023 e ha rivelato che, con gli attuali impegni, il mondo è sulla traiettoria per superare i 2,5°C entro fine secolo. Questo ha aumentato la pressione su molti Paesi affinché rivedano le proprie NDC nel 2025 con obiettivi più aggressivi e concreti.

Le NDC e la responsabilità differenziata

Un elemento chiave dell’Accordo di Parigi, e quindi delle NDC, è il principio delle “responsabilità comuni ma differenziate” (CBDR-RC). Significa che tutti i Paesi devono contribuire alla lotta al cambiamento climatico, ma in misura proporzionata alle proprie capacità economiche e al proprio contributo storico alle emissioni globali.

Così, mentre le economie avanzate come Stati Uniti, Unione Europea, Giappone o Australia sono chiamate a tagli più profondi e immediati, le economie emergenti – come India, Brasile o Indonesia – possono definire traiettorie più graduali, purché coerenti con il raggiungimento della neutralità climatica globale.

Un confronto tra NDC: esempi internazionali

L’Unione Europea ha presentato una NDC che prevede la riduzione delle emissioni di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, in linea con il pacchetto legislativo “Fit for 55” e il Green Deal Europeo.

Gli Stati Uniti, rientrati nell’Accordo di Parigi sotto l’amministrazione Biden, hanno stabilito una riduzione del 50-52% delle emissioni entro il 2030 rispetto al 2005, puntando su elettrificazione, rinnovabili e investimenti pubblici.

La Cina, attualmente il primo emettitore mondiale, ha indicato che raggiungerà il picco delle emissioni entro il 2030 e la neutralità carbonica entro il 2060, ma con obiettivi meno dettagliati rispetto all’Occidente.

I Paesi meno sviluppati, come il Malawi o il Nepal, presentano NDC che combinano l’adattamento alle vulnerabilità climatiche (inondazioni, desertificazione, crisi idrica) con la richiesta di supporto internazionale per poter attuare le proprie politiche.

Le NDC e il settore privato

Sebbene siano strumenti degli Stati, le NDC hanno forti implicazioni per le imprese. Esse stabiliscono la traiettoria normativa e politica di ogni paese, influenzando:

  • l’introduzione di carbon pricing o sistemi ETS
  • la revisione degli standard energetici ed edilizi
  • le politiche industriali e fiscali (sussidi, incentivi, green public procurement)
  • gli obblighi di rendicontazione ESG e climatica

Per le aziende, conoscere il contenuto delle NDC nei Paesi in cui operano significa anticipare scenari regolatori e cogliere opportunità di innovazione e investimento legate alla transizione ecologica.

NDC e trasparenza: il meccanismo MRV

Affinché le NDC siano credibili, devono essere accompagnate da un sistema di MRV – Monitoring, Reporting and Verification. Questo significa:

  • monitoraggio delle emissioni effettive e dei risultati delle politiche adottate
  • reporting periodico e pubblico dei dati
  • verifica da parte di esperti indipendenti e organismi multilaterali

La trasparenza è un elemento essenziale per costruire fiducia reciproca tra gli Stati, evitare greenwashing istituzionale e stimolare un confronto costruttivo sui progressi reali.

Limiti e sfide delle NDC

Nonostante la loro importanza strategica, le NDC non sono vincolanti per legge. Questo significa che, sebbene i paesi siano moralmente e diplomaticamente impegnati a rispettarle, non esistono sanzioni automatiche in caso di inadempienza. Ciò ha sollevato critiche da parte di ONG e movimenti ambientalisti, che chiedono maggiori strumenti di enforcement e verificabilità.

Un’altra criticità riguarda la comparabilità tra le NDC. Ogni paese può adottare metodologie diverse per calcolare le emissioni, scegliere anni base differenti o inserire obiettivi parziali. Per questo motivo, è difficile fare confronti diretti tra NDC e valutare se i contributi aggregati siano sufficienti a rispettare il limite di 1,5°C.

Infine, molti paesi hanno difficoltà tecniche e finanziarie a elaborare, implementare e aggiornare le proprie NDC, soprattutto quelli a basso reddito. Per questo, l’Accordo di Parigi prevede meccanismi di supporto finanziario, tecnologico e formativo, erogati attraverso canali multilaterali come il Green Climate Fund (GCF) o il Global Environment Facility (GEF).

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